Lo studioso italiano, fra i maggiori studiosi della vita e delle opere del pittore Vincent Van Gogh, Antonio De Robertis, in disaccordo con le scelte del Museo van Gogh interviene su tre argomenti:
1) La mostra dei girasoli intitolata Van Gogh and the Sunflowers in corso fino al 1° settembre 2019 al Museo van Gogh , consente ai visitatori di osservare anche il retro del celebre dipinto. Esaminando l’opera da questo speciale “punto di vista” si può infatti notare la presenza di una striscia di legno che, come sostiene il museo, venne aggiunta dallo stesso van Gogh per aumentare la superficie pittorica a disposizione. Al contrario Antonio De Robertis sostiene che la tela sia stata manomessa dal falsario C.E. Schuffenecker.
Qui i link degli articoli dove ha espresso più volte il suo parere contrario a quello del Museo: https://www.cronachecult.it/antonio-de-robertis-contro-sunflowerslive/
2) La rara decisione presa dal museo di dare ad un’opera un doppio titolo, ribattezzandola “Vincent van Gogh, Autoritratto o Ritratto di Theo van Gogh, 1887”
3) La pistola venduta all’asta pochi giorni fa a ben 162.500 euro. Il valore stimato del pezzo da collezione si aggirava intorno ai 40.000-60.000 e 20.000 euro il prezzo di partenza.
Al museo Van Gogh è in corso una mostra dimezzata e falsata sui girasoli
di Antonio De Robertis
“Al museo Van Gogh è in corso una mostra dimezzata e falsata sui girasoli…Non dicono quello che è successo alle 3 versioni di girasoli da 14 (così denominate, anch
Ma il museo si guarda bene di tirare in ballo questa storia, che segnerà per sempre il suo destino futuro.
Tutto ruota attorno alle 6 etichette della ditta Pottier, apposte

foto n. 1
Veniamo a conoscenza della presenza delle etichette da una bolla del negozio del Père Tanguy, datata aprile 1894, stilata da Andries Bonger, cognato di Theo, che elenca gli ultimi quadri di Vincent, rimasti

foto n.2
Ho rimediato io, lavorando su 2 fronti, seguendo

foto n. 3

foto n. 4
Quindi questo è il primo dei 2 quadri inviati ai XX nel gennaio 1890. Altro dettaglio importante, la presenza in alto e in mezzo di una etichetta dalle misure uguali a a quelle usate dalla ditta Pottier, che appare però tagliata e nascosta da un’altra sovrapposta (ved
Attaccato poi al telaio orizzontale superiore c’è inchiodato un listello dipinto per ampliare il quadro. Questo intervento non può essere stato fatto da Vincent, come dichiara il museo, ma successivamente

Foto n. 5, da sinistra Filadelfia, Amsterdam, Tokio
Aveva anche lui la cornicetta di listello di Vincent e l’etichetta Pottier, che ora non ha più, perché Schuffenecker ha manomesso anche questo quadro, esattame
- photo n. 6
- photo n.7
- photo n. 8
- photo n.9
Purtroppo è successo che nel frattempo il 30 marzo 1987 questo quadro veniva venduto all’asta da Christie’s per circa 50 milioni di dollari, la cifra più alta mai pagata per un quadro fino allora, alla società giapponese di assicurazioni Yasuda. Il museo Van Gogh si era esposto in prima persona per garantire l’autenticità dell’opera e la Yasuda per riconoscenza si impegnava nel 1992 a costruire l’ala nuova del museo a costo zero, opera finita nel giugno 1999. La cosa era talmente imbarazzante che il museo ha organizzato ben 2 simposi, il primo a Londra il 15 maggio 1998 e il secondo ad Amsterdam, tra il 7 e il 9 marzo 2002, non raggiungendo alcun evidente risultato, se non quello di isolarmi completamente, a
Un nuovo nome per l’Autoritratto di Van Gogh che potrebbe realmente essere il fratello Theo
‘Vincent van Gogh, Autoritratto, 1887’ (a sinistra) e ‘Vincent van Gogh, Autoritratto o Ritratto di Theo van Gogh, 1887’ (a destra). Immagini dal Museo Van Gogh
I fratelli si confondono continuamente, e Vincent e Theo van Gogh non sono molto diversi tra loro. Per anni, si è ritenuto che i due dipinti siano autoritratti del famoso artista post-impressionista. Uno mostra il soggetto in un cappello di feltro, mentre l’altro raffigura il pittore con un cappello di paglia. Gli esperti d’arte in seguito hanno cambiato idea, credendo che uno dei dipinti fosse di suo fratello minore.
Ora, un’altra teoria indica le identità di entrambi i ritratti che vengono confusi per l’altro.
Sjraar van Heugten – curatore ospite della prossima mostra di Inner Circle: Friends, Family, Models di Van Gogh al Noordbrabants Museum di s’Hertogenbosch, Paesi Bassi – è convinto che l’uomo con il cappello di paglia sia Vincent van Gogh, mentre la persona nel feltro cappello è suo fratello Theo. Van Heugten ha avito la rivelazione guardando gli occhi dei soggetti.
La sua teoria ne sfida una che risale al 2011. Otto anni fa, Louis van Tilborgh, ricercatore senior del Van Gogh Museum di Amsterdam ed esperto del periodo di Van Gogh a Parigi, sosteneva che il pittore era vestito con il cappello di feltro, mentre suo fratello era abbinato al cappello di paglia dall’aspetto informale. Questo concetto sorprese gli amanti dell’arte poichè Theo, d’altra parte, era un distinto mercante d’arte e avrebbe dovuto indossare il cappello di feltro relativamente formale.
Van Tilborgh riteneva che i fratelli scambiassero i cappelli “per scherzo”, ragionando sul fatto che la barba di Theo fosse ocra e ordinatamente tagliata, il che era evidente nel soggetto con il cappello di paglia. I peli del viso di Vincent, d’altra parte, erano più rosso-arancio e probabilmente più scrostati, come mostrato nel ritratto del cappello di feltro. Guardando le foto di Theo, scoprì che le orecchie più rotonde di Theo corrispondevano a quelle del ritratto del cappello di paglia, mentre molti degli autoritratti di Vincent dipingevano l’artista con le orecchie carnose.
Tuttavia, Van Heugten ora la pensa in maniera differente. Dice a The Art Newspaper che sarebbe sconveniente che Vincent van Gogh dipingesse suo fratello in un “noncurante abbigliamento estivo” mentre ritrae se stesso come un “rispettabile gentiluomo”. Inoltre, Theo aveva gli occhi grigio-blu chiaro, evidenti nel ritratto più elegante, mentre Vincent si dipingeva spesso con gli occhi verdi, bluastri o scuri, ma mai bluastro come quelli dell’uomo con il ritratto di cappello di feltro.
La risposta di De Robertis: Nei bottoni il segreto degli autoritratti di Van Gogh
Lo studioso italiano Antonio De Robertis interviene nella controversia scoppiata nei giorni scorsi tra il museo Van Gogh e un suo ex funzionario e smentisce sia Louis Van Tilborgh, ricercatore senior del museo, che nel 2011 aveva ‘corretto’ l’autoritratto con cappello di paglia del 1887 ritenendolo un ritratto del fratello Theo fatto da Vincent Van Gogh, sia Sijraar Van Heugten, ex-responsabile delle collezioni del Van Gogh Museum e curatore autonomo, che nei giorni scorsi ha detto che bisogna fare un passo indietro e che semmai Theo è da individuare nell’altro autoritratto coevo con cappello di feltro. “Sbagliano tutti e due -sostiene De Robertis- perché nei due dipinti é evidente che la giacca ha i bottoni a sinistra, perché l’immagine è speculare. Van Gogh aveva l’abitudine di ritrarsi allo specchio e di conseguenza entrambi sono senza alcun dubbio autoritratti”. De Robertis afferma inoltre di avere “già fatto presente la questione a Van Tilborgh, durante un incontro il 5 luglio 2017, ma non era successo nulla”.
“Venduta allʼasta per 162mila euro la pistola con cui Van Gogh si suicidò”: i dubbi di De Robertis
La casa d’aste Auction Art ha messo all’asta, presso l’Hotel Drouot di Parigi, un reperto molto particolare: la pistola con cui Vincent Van Gogh si suicidò. Si tratta di un revolver Lefaucheux che venne scoperto nel 1965 da un contadino che lo trovò nello stesso campo dove Van Gogh fu trovato ferito il 27 luglio 1890 ad Auvers-sur-Oise (Val-d’Oise). Dopo il ritrovamento, la pistola venne consegnata al proprietario dell’albergo Ravoux di Auvers-sur-Oise dove l’artista impressionista morì il 29 luglio 1890, due giorni dopo che si ferì gravemente.
L’arma è stata venduta al prezzo di vendita di 162.500 euro, il triplo del valore iniziale stimato di circa 50.000 euro. Ad acquistarla, via telefono, è stato un ipotetico collezionista privato di cui si ignora l’identità.
Nel 2012, l’arma venne presentata per la prima volta con il soprannome di “l’arma più famosa nella storia dell’arte” nell’ambito della pubblicazione del libro Aurait-on retrouvé l’arme du suicide? di Alain Rohan per poi essere esposta al Van Gogh Museum di Amsterdam nel 2016. Benché la sua autenticazione non verrà mai stabilita formalmente, la sua provenienza è comunque ritenuta attendibile dagli esperti olandesi. La pistola, infatti, è una 7mm, proprio lo stesso calibro della pistola che aveva causato la ferita al pittore.
“L’aspetto più inquietante – dice De Robertis – è che il revolver Lefaucheux fu ritrovato nel 1965 da un contadino, 75 anni dopo il giorno in cui Van Gogh si suicidò e legittimato dal museo che lo espose in una mostra. Tuttavia, riguardo il ritrovamento non ci sono testimoni e dobbiamo affidarci all’unica voce che è quella del contadino, il quale lo avrebbe consegnato alla famiglia proprietaria dell’albergo Ravoux trasformato in un museo. A questo punto mi sorgono dei dubbi: “Perchè il proprietario di un albergo trasformato in museo possessore di una “reliquia” che attirerebbe moltissime persone, vende un oggetto così prezioso? E perchè di questo revolver se ne parla solo da quattro o cinque anni, ovvero 50 anni dopo il ritrovamento?”
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